Pilates

[et_pb_section admin_label=”Sezione” fullwidth=”off” specialty=”off”][et_pb_row admin_label=”Riga”][et_pb_column type=”4_4″][et_pb_text admin_label=”Pilates” background_layout=”light” text_orientation=”left” use_border_color=”off” border_color=”#ffffff” border_style=”solid”]

Il metodo Pilates è una ginnastica che insegna ad assumere una corretta postura e a dare maggiore armonia e fluidità ai movimenti. L’obiettivo del suo inventore, Joseph Hubertus Pilates, era appunto quello di rendere le persone consapevoli di se stesse, del proprio corpo e della propria mente per unirli in una singola, dinamica e ben funzionante entità. In un certo senso egli cercò di fondere i migliori aspetti delle discipline fisiche occidentali con quelli delle tecniche spirituali orientali.

La mente di chi esegue gli esercizi del metodo Pilates è diretta verso il corpo, concentrata su ciò che sta accadendo mentre si compiono i movimenti. Solo così è possibile comprendere con precisione quello che la mente ordina di fare ai muscoli e alle articolazioni e imparare a percepire esattamente come ci si sta muovendo. Gli esercizi del metodo Pilates non presuppongono una ripetizione fine a se stessa ma, attraverso un percorso logico, conducono la mente a cooperare con il corpo alla ricerca del controllo, della precisione e della fluidità dei movimenti coordinati con la respirazione. Chi pratica gli esercizi del metodo Pilates non deve rimanere unicamente spettatore di se stesso, ma partecipare in maniera attiva con il corpo e con la mente a ciò che compie.

Il lavoro di Pilates si estende al perfezionamento di particolari attrezzi, come Universal Retormer, Rehabilitation Table, Chair, Magic Circle, Spine Corrector e altri piccoli strumenti, che si integrano perfettamente al Mat work cioè al programma a corpo libero. Dopo la morte di Pilates, nel 1967, si sono sviluppate numerose scuole che insegnano il suo metodo e che hanno contribuito efficacemente alla sua evoluzione, prendendo anche strade diverse. Core Dynamics Plus, Body Control, Stott Pilates, Balanced Body, The Ron Fletcher Work sono tutti nomi che definiscono metodi che affondano le loro radici nel lavoro di Pilates.

L’originalità e la varietà degli esercizi sono tali da non annoiare mai la persona che si avvicina a questo tipo di ginnastica. Una volta che si è appresa la tecnica, infatti, la maggior parte delle ripetizioni non sono mai lunghe e noiose. A differenza di molti tipi di ginnastica, il metodo Pilates segue rigorosamente principi fondati su una precisa base filosofica e teorica. Non si tratta quindi di un semplice insieme di esercizi, ma di un vero metodo che si è sviluppato e perfezionato in più di sessanta anni di pratica e di osservazione. La versatilità della tecnica, inoltre, ha permesso il suo utilizzo in campo riabilitativo ortopedico.

Il metodo Pilates si sviluppa attraverso una serie di esercizi personalizzabili, che prevedono quattro livelli di apprendimento: Base, Intermedio, Avanzato e Superavanzato. Questa suddivisione permette lo studio della tecnica attraverso un lavoro a difficoltà e carico graduali; ogni livello comprende uno specifico programma per ogni attrezzo e per il corpo libero.

L’obiettivo del metodo Pilates consiste nel portare l’individuo a muoversi con economia, grazia ed equilibrio attraverso il rispetto dei sei principi base che costituiscono la tecnica:
• Concentrazione (Concentration);
• Controllo (Control);
• Baricentro (Centering);
• Fluidità del movimento (Flowing movement);
• Precisione (Precision);
• Respirazione (Breathing)

Concentrazione – La concentrazione è fondamentale affinché si possano eseguire correttamente gli esercizi richiesti. Pertanto è necessario prestare molta attenzione a tutti i movimenti, in quanto ogni parte del corpo ha la sua importanza e nulla deve essere trascurato o ignorato. La concentrazione richiesta nell’eseguire le varie sequenze del metodo, tuttavia, non si limita esclusivamente al distretto muscolare e articolare coinvolto nel movimento, ma è estesa a tutto il corpo. È fondamentale, infatti, essere consapevoli della postura mantenuta durante l’esercizio.

Controllo – Attraverso la concentrazione si deve arrivare ad avere il totale controllo di ogni gesto, poiché muoversi senza un’adeguata consapevolezza può provocare infortuni. Siccome nulla nel metodo Pilates è casuale, è necessario prestare attenzione non solo al movimento relativo all’articolazione interessata dall’esercizio ma, contemporaneamente, anche alla posizione della testa, del collo, degli arti superiori, delle dita delle mani, delle spalle, della schiena, del bacino, degli arti inferiori, dei piedi e delle dita dei piedi. Il metodo Pilates insegna quindi ad avere il pieno controllo del proprio corpo e acquistare così maggiore scioltezza e armonia di movimento.

Baricentro – Il baricentro è il fulcro del metodo Pilates, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista strutturale. Pilates definiva “powerhouse” (casa della forza) o “girdle of strength” (cintura di forza) l’area compresa tra la parte finale della cassa toracica e la porzione più bassa del bacino. Tale area comprende numerosi muscoli: frontalmente i retti addominali, gli obliqui e i trasversi, posteriormente i gran dorsali, i quadrati dei lombi e i glutei. Una postura corretta è favorita dal rafforzamento del baricentro. Si pensi a una zona compresa tra due linee orizzontali: una passa dalle spalle e l’altra attraverso le creste iliache superiori (la parte alta delle anche). Si ottiene così la cosiddetta “frame” o ‘box” (cornice), divisa da una linea verticale (la “linea centrale”), che rappresenta il giusto equilibrio delle forze. Il lavoro del metodo Pilates si concentra soprattutto su questa linea centrale e sul controllo del corretto allineamento della cosiddetta cornice. Il controllo del baricentro viene inteso anche come stabilizzazione del bacino attraverso il lavoro sinergico dell’area addominale e di quella lombare volto al mantenimento della posizione neutra. Un appropriato sviluppo del lavoro sul baricentro comporta un minor dispendio energetico e una ridotta incidenza di infortuni e dolori lombari e dorsali.

Fluidità del movimento – Nessun movimento deve essere eseguito in modo rigido e contratto, così come non deve essere troppo rapido o troppo lento. In ogni gesto ci deve essere armonia, grazia e fluidità, unite al controllo del corpo. Secondo Pilates la fluidità dei movimenti è legata anche alla forza e alla fluidità del baricentro.

Precisione – La precisione è un altro aspetto fondamentale del metodo Pilates. La mancanza di controllo di ogni minimo gesto porta inevitabilmente a una scorretta interpretazione ed esecuzione dell’esercizio. Dalla precisione dei movimenti ha origine il bilanciamento del tono delle varie regioni muscolari che si traduce, nella vita di tutti i giorni, in grazia ed economia di movimento.

Respirazione – La respirazione è l’ultimo dei principi elencati nella lista benché sia invece uno dei primi da considerare. Inspirazione ed espirazione fluide e complete sono parte integrante di tutti gli esercizi.
Il respiro deve essere coordinato con movimenti; per questo ogni esercizio del metodo Pilates è accompagnato da precise indicazioni per una corretta respirazione che va rieducata per liberare al massimo il diaframma. L’esatta definizione dell’obiettivo è: “respirazione diaframmatica con tenuta dei muscoli trasversi”.

La persona qualificata a insegnare il metodo Pilates ha una grande responsabilità: sapere fino a che punto gli esercizi sono indicati per i diversi soggetti seguiti; scegliere il programma più adatto alla persona e capire quando è necessaria la consulenza di medici specializzati. Le certificazioni più serie richiedono almeno un anno dì preparazione, con prerequisiti per l’ammissione al corso. L’osservazione, la pratica e gli esami scritti e orali completano a formazione teorica. Corsi annuali di aggiornamento garantiscono qualità e serietà all’insegnante. È comunque consigliabile informarsi sempre sull’iter formativo seguito dalla persona che si dichiara insegnante del metodo.

La versione a corpo libero della tecnica Pilates si chiama Mat work e si svolge in genere sotto la guida di un istruttore. Esiste una notevole serie di esercizi che è possibile eseguire anche da soli in una sorta di percorso propedeutico al metodo. Per arrivare a compiere una sequenza-base è consigliabile memorizzare tutti gli esercizi di mobilizzazione e di percezione corporea. L’obiettivo è proprio quello di preparare il corpo a effettuare correttamente le varie sequenze. Prima ancora, però, è necessario fornire alcune nozioni di anatomia e terminologia.

La disciplina chiamata anatomia illustra la struttura e l’architettura dell’organismo umano. Essa si propone essenzialmente di metterne in luce le modalità di organizzazione, ossia la distribuzione spaziale delle sue parti costitutive, prendendo in considerazione le variazioni individuali in assenza di anomalie, i muscoli possono essere classificati secondo differenti criteri. Per esempio, in base alla morfologia, possono essere distinti in fusiformi, bicipiti, tricipiti, orbicolari, pennati e via elencando. La maggior parte dei termini ha origini latine o greche ed è di tipo descrittivo: alcuni indicano la posizione, altri le misure, le forme o le funzioni del muscolo. Per esempio, nel muscolo quadricipite femorale, il primo termine indica che il muscolo ha quattro capi, mentre il secondo lo rapporta all’osso di riferimento.

Conoscendo l’origine di queste parole, si possono comprendere meglio i termini anatomici e determinare le posizioni dei muscoli. In particolare, se si prendono in considerazione le classificazioni funzionali bisognerà basarsi:
• sul tipo di movimento eseguito: ci sono muscoli flessori, estensori, adduttori, abduttori e rotatori;
• sul lavoro in favore od opposizione di gravità;
• sulla funzione: agonisti, antagonisti, sinergici e fissatori.

Queste classificazioni sono utili per identificare funzionalmente un muscolo: per esempio, il bicipite brachiale è un muscolo a due capi, flessore, antigravitario, sinergico con il brachiale e il brachioradiale nella flessione del gomito e antagonista al tricipite nell’estensione.

In rapporto alle forze esercitate, si possono riconoscere differenti situazioni che corrispondono a diverse modalità di contrazione muscolare:
• quando la forza interna non supera e non viene superata da quella esterna, si realizza una situazione di equilibrio e la contrazione viene definita isometrica o statica; in questi casi la lunghezza complessiva del muscolo non cambia;
• quando la forza interna è superiore a quella esterna e il muscolo si accorcia, la contrazione viene definita isotonica o concentrica;
• quando la forza esterna eccede quella interna, il muscolo, pur realizzando resistenza, viene allungato: la contrazione è definita eccentrica.

Nell’attività quotidiana, il lavoro muscolare presenta frequenti passaggi da un tipo di contrazione all’altro e, nel medesimo gesto, un muscolo può trovarsi a realizzare un movimento, rallentare il movimento opposto e mantenere la situazione in equilibrio statico. Per esempio, gli stessi muscoli che lavorano eccentricamente nell’atto di sedersi – estensori del ginocchio e dell’anca in particolare – si muovono in modo concentrico nell’atto di alzarsi; ancora, i muscoli flessori del gomito lavorano in accorciamento portando il bicchiere alla bocca, staticamente durante l’atto del bere e in allungamento quando si ripone il bicchiere sul tavolo. Il lavoro imposto dal metodo Pilates porta alcuni muscoli a lavorare spesso in tensione isometrica lasciando gli altri liberi di lavorare in contrazione concentrica ed eccentrica. Gli Hundred rappresentano uno splendido esempio della descrizione appena fatta: le braccia si muovono liberamente mentre i retti, gli obliqui e i trasversi addominali lavorano per fissare il busto e sostenere i muscoli delle gambe. Il lavoro con gli attrezzi aumenta la tensione eccentrica dei muscoli, incrementando inoltre l’elasticità con un allungamento dinamico della muscolatura.

Il diaframma è un muscolo asimmetrico, con l’aspetto di un’ampia e sottile lamina “a cupola” disposta trasversalmente, che ha la funzione di parete divisoria tra la cavità toracica e quella addominale. È un muscolo carnoso nella sua porzione periferica, mentre nella parte centrale, definita “centro frenico”, è tendinoso (più rigido). La porzione carnosa del diaframma può essere distinta, in base alle sue diverse origini, in tre parti: parte lombare (inserita nelle penultime tre vertebre lombari), parte costale (attaccata alle ultime sei coste) e parte sternale (collegata alla porzione inferiore dello sterno, chiamata processo xifoideo). Dal buon funzionamento del diaframma dipende tutto l’equilibrio del corpo, sia degli organi interni sia dell’apparato muscolo-scheletrico. La parte lombare del diaframma ha origine dalla colonna vertebrale con tre pilastri tendinei per lato: il pilastro mediale, il pilastro intermedio e il pilastro laterale. I pilastri mediali si estendono dalla seconda alla quarta vertebra lombare.

Ecco perché per il mal di schiena al tratto lombare vengono spesso consigliati gli esercizi di respirazione: muovendo il diaframma in modo corretto, si attua un massaggio a tutta la colonna vertebrale. Dai due pilastri mediali del diaframma, inoltre, si dipartono verso l’alto dei fascetti carnosi che si incrociano fra loro a otto, delimitando due orifizi: uno per il passaggio dell’aorta, l’altro per il passaggio dell’esofago: se l’esofago attraversa un diaframma che non lavora bene, possiamo capire quanto possa influenzare la nostra digestione. Il pilastro intermedio del diaframma trae origine dal corpo della terza vertebra lombare e dal disco intervertebrale sovrastante, Il pilastro laterale si innesta sulla seconda vertebra lombare. La porzione costale del diaframma parte, da ciascun lato, dalla faccia mediale delle ultime sei coste, mediante sei digitazioni carnose che si intersecano con quelle del muscolo trasverso dell’addome: ecco apparire la connessione con i muscoli addominali. Il centro frenico del diaframma, cioè la sua porzione centrale tendinea, ha la forma di un trifoglio (vi si distinguono una fogliola anteriore, una destra e una sinistra), ed è perforato, tra la fogliola destra e quella anteriore, da un orifizio dove passa la vena cava inferiore, deputata a raccogliere il sangue refluo degli arti inferiori e degli organi interni. Risulta quindi ancora evidente l’importanza del diaframma per il funzionamento degli organi interni.

Il diaframma assume un ruolo centrale nella respirazione: il suo movimento permette l’espansione del torace nelle tre dimensioni (verticale, laterale e antero-posteriore). Durante l’inspirazione le fibre si contraggono abbassando il centro frenico; in tal modo aumenta il diametro verticale del torace. Il movimento viene limitato dai visceri, rendendo il centro frenico un punto fisso: se non ci fosse la tenuta degli addominali il diaframma non riuscirebbe a svolgere il suo compito. Le fibre muscolari che si irradiano da esso elevano le coste inferiori, che si allargano aumentando il diametro trasverso (laterale) della parte inferiore del torace. Spingendo poi in fuori lo sterno, questi muscoli aumentano anche il diametro antero-posteriore.

In questo modo il diaframma favorisce l’espansione del torace, accresce la pressione addominale e aumenta la lordosi lombare (la curva convessa anteriormente nella parte inferiore della schiena). Il diaframma è quindi definibile come il muscolo più importante della respirazione, con la collaborazione dei muscoli intercostali esterni e dei muscoli accessori (i muscoli scaleni, elevatori delle prime due coste, e i muscoli stern nastoidei, elevatori dello sterno). Il diaframma riesce a esprimere completamente le sue potenzialità grazie all’aiuto della muscolatura addominale, alla mobilità delle coste e della colonna vertebrale.

Se durante l’atto inspiratorio il diaframma non trovasse la massa viscerale contenuta da una solida parete addominale, il centro frenico non avrebbe l’appoggio necessario per sollevare le coste inferiori, con conseguente riduzione del suo diametro. Altro compito di questo fondamentale muscolo è influenzare l’attività degli organi mediastinici (quelli contenuti nello spazio della cavità toracica situato tra i polmoni), il collo e la postura.

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]

Torna in alto