La versione a corpo libero della tecnica Pilates si chiama Mat work e si svolge in genere sotto la guida di un istruttore. Esiste una notevole serie di esercizi che è possibile eseguire anche da soli in una sorta di percorso propedeutico al metodo. Per arrivare a compiere una sequenza-base è consigliabile memorizzare tutti gli esercizi di mobilizzazione e di percezione corporea. L’obiettivo è proprio quello di preparare il corpo a effettuare correttamente le varie sequenze. Prima ancora, però, è necessario fornire alcune nozioni di anatomia e terminologia.
La disciplina chiamata anatomia illustra la struttura e l’architettura dell’organismo umano. Essa si propone essenzialmente di metterne in luce le modalità di organizzazione, ossia la distribuzione spaziale delle sue parti costitutive, prendendo in considerazione le variazioni individuali in assenza di anomalie, i muscoli possono essere classificati secondo differenti criteri. Per esempio, in base alla morfologia, possono essere distinti in fusiformi, bicipiti, tricipiti, orbicolari, pennati e via elencando. La maggior parte dei termini ha origini latine o greche ed è di tipo descrittivo: alcuni indicano la posizione, altri le misure, le forme o le funzioni del muscolo. Per esempio, nel muscolo quadricipite femorale, il primo termine indica che il muscolo ha quattro capi, mentre il secondo lo rapporta all’osso di riferimento.
Conoscendo l’origine di queste parole, si possono comprendere meglio i termini anatomici e determinare le posizioni dei muscoli. In particolare, se si prendono in considerazione le classificazioni funzionali bisognerà basarsi:
• sul tipo di movimento eseguito: ci sono muscoli flessori, estensori, adduttori, abduttori e rotatori;
• sul lavoro in favore od opposizione di gravità;
• sulla funzione: agonisti, antagonisti, sinergici e fissatori.
Queste classificazioni sono utili per identificare funzionalmente un muscolo: per esempio, il bicipite brachiale è un muscolo a due capi, flessore, antigravitario, sinergico con il brachiale e il brachioradiale nella flessione del gomito e antagonista al tricipite nell’estensione.
In rapporto alle forze esercitate, si possono riconoscere differenti situazioni che corrispondono a diverse modalità di contrazione muscolare:
• quando la forza interna non supera e non viene superata da quella esterna, si realizza una situazione di equilibrio e la contrazione viene definita isometrica o statica; in questi casi la lunghezza complessiva del muscolo non cambia;
• quando la forza interna è superiore a quella esterna e il muscolo si accorcia, la contrazione viene definita isotonica o concentrica;
• quando la forza esterna eccede quella interna, il muscolo, pur realizzando resistenza, viene allungato: la contrazione è definita eccentrica.
Nell’attività quotidiana, il lavoro muscolare presenta frequenti passaggi da un tipo di contrazione all’altro e, nel medesimo gesto, un muscolo può trovarsi a realizzare un movimento, rallentare il movimento opposto e mantenere la situazione in equilibrio statico. Per esempio, gli stessi muscoli che lavorano eccentricamente nell’atto di sedersi – estensori del ginocchio e dell’anca in particolare – si muovono in modo concentrico nell’atto di alzarsi; ancora, i muscoli flessori del gomito lavorano in accorciamento portando il bicchiere alla bocca, staticamente durante l’atto del bere e in allungamento quando si ripone il bicchiere sul tavolo. Il lavoro imposto dal metodo Pilates porta alcuni muscoli a lavorare spesso in tensione isometrica lasciando gli altri liberi di lavorare in contrazione concentrica ed eccentrica. Gli Hundred rappresentano uno splendido esempio della descrizione appena fatta: le braccia si muovono liberamente mentre i retti, gli obliqui e i trasversi addominali lavorano per fissare il busto e sostenere i muscoli delle gambe. Il lavoro con gli attrezzi aumenta la tensione eccentrica dei muscoli, incrementando inoltre l’elasticità con un allungamento dinamico della muscolatura.
Il diaframma è un muscolo asimmetrico, con l’aspetto di un’ampia e sottile lamina “a cupola” disposta trasversalmente, che ha la funzione di parete divisoria tra la cavità toracica e quella addominale. È un muscolo carnoso nella sua porzione periferica, mentre nella parte centrale, definita “centro frenico”, è tendinoso (più rigido). La porzione carnosa del diaframma può essere distinta, in base alle sue diverse origini, in tre parti: parte lombare (inserita nelle penultime tre vertebre lombari), parte costale (attaccata alle ultime sei coste) e parte sternale (collegata alla porzione inferiore dello sterno, chiamata processo xifoideo). Dal buon funzionamento del diaframma dipende tutto l’equilibrio del corpo, sia degli organi interni sia dell’apparato muscolo-scheletrico. La parte lombare del diaframma ha origine dalla colonna vertebrale con tre pilastri tendinei per lato: il pilastro mediale, il pilastro intermedio e il pilastro laterale. I pilastri mediali si estendono dalla seconda alla quarta vertebra lombare.
Ecco perché per il mal di schiena al tratto lombare vengono spesso consigliati gli esercizi di respirazione: muovendo il diaframma in modo corretto, si attua un massaggio a tutta la colonna vertebrale. Dai due pilastri mediali del diaframma, inoltre, si dipartono verso l’alto dei fascetti carnosi che si incrociano fra loro a otto, delimitando due orifizi: uno per il passaggio dell’aorta, l’altro per il passaggio dell’esofago: se l’esofago attraversa un diaframma che non lavora bene, possiamo capire quanto possa influenzare la nostra digestione. Il pilastro intermedio del diaframma trae origine dal corpo della terza vertebra lombare e dal disco intervertebrale sovrastante, Il pilastro laterale si innesta sulla seconda vertebra lombare. La porzione costale del diaframma parte, da ciascun lato, dalla faccia mediale delle ultime sei coste, mediante sei digitazioni carnose che si intersecano con quelle del muscolo trasverso dell’addome: ecco apparire la connessione con i muscoli addominali. Il centro frenico del diaframma, cioè la sua porzione centrale tendinea, ha la forma di un trifoglio (vi si distinguono una fogliola anteriore, una destra e una sinistra), ed è perforato, tra la fogliola destra e quella anteriore, da un orifizio dove passa la vena cava inferiore, deputata a raccogliere il sangue refluo degli arti inferiori e degli organi interni. Risulta quindi ancora evidente l’importanza del diaframma per il funzionamento degli organi interni.
Il diaframma assume un ruolo centrale nella respirazione: il suo movimento permette l’espansione del torace nelle tre dimensioni (verticale, laterale e antero-posteriore). Durante l’inspirazione le fibre si contraggono abbassando il centro frenico; in tal modo aumenta il diametro verticale del torace. Il movimento viene limitato dai visceri, rendendo il centro frenico un punto fisso: se non ci fosse la tenuta degli addominali il diaframma non riuscirebbe a svolgere il suo compito. Le fibre muscolari che si irradiano da esso elevano le coste inferiori, che si allargano aumentando il diametro trasverso (laterale) della parte inferiore del torace. Spingendo poi in fuori lo sterno, questi muscoli aumentano anche il diametro antero-posteriore.
In questo modo il diaframma favorisce l’espansione del torace, accresce la pressione addominale e aumenta la lordosi lombare (la curva convessa anteriormente nella parte inferiore della schiena). Il diaframma è quindi definibile come il muscolo più importante della respirazione, con la collaborazione dei muscoli intercostali esterni e dei muscoli accessori (i muscoli scaleni, elevatori delle prime due coste, e i muscoli stern nastoidei, elevatori dello sterno). Il diaframma riesce a esprimere completamente le sue potenzialità grazie all’aiuto della muscolatura addominale, alla mobilità delle coste e della colonna vertebrale.
Se durante l’atto inspiratorio il diaframma non trovasse la massa viscerale contenuta da una solida parete addominale, il centro frenico non avrebbe l’appoggio necessario per sollevare le coste inferiori, con conseguente riduzione del suo diametro. Altro compito di questo fondamentale muscolo è influenzare l’attività degli organi mediastinici (quelli contenuti nello spazio della cavità toracica situato tra i polmoni), il collo e la postura.